Carolina Invernizio, casalinga (di Voghera) d’appendice

Scrittrice, moglie e madre, detta “l’onesta gallina della letteratura popolare” da Antonio Gramsci e “conigliesca creatrice di mondi” da Bruno Cassianelli, mentre la marchesa Plattis, detta Jolanda, diceva che “C.I. non è una scrittrice adatta alle fanciulle…” Carolina Invernizio è stata la regina del romanzo d’appendice all’italiana negli anni che dalla fine dell’Ottocento condussero alla prima guerra mondiale.

Nata il 28 marzo 1851 a Voghera, Carolina Maria Margaritta Invernizio era la primogenita di Ferdinando e Anna Tettoni, una coppia della piccola borghesia lombarda.

Verso il 1865 Carolina e le tre sorelle si trasferirono a Firenze, allora capitale d’Italia, per studiare alla Scuola Normale.

Dopo poco tempo, Carolina venne quasi espulsa dall’istituto per aver pubblicato il racconto “Amore e morte”, che vede già al centro della storia vicende tragiche e amori impossibili, temi portanti della sua narrativa.

Terminati gli studi, nel 1877 l’Invernizio pubblicò per la Salani di Firenze il suo romanzo d’esordio “Rina o l’Angelo delle Alpi” cui faranno seguito ben 120 tra romanzi e racconti, sul tema della perdizione e del castigo, che apparvero sui quotidiani L’Opinione Nazionale di Firenze e la Gazzetta di Torino in appendice.

Anche se la Salani definì il lavoro della scrittrice romanzo storico sociale, i temi della Invernizio erano sempre gli stessi, con uno scontro senza fine tra Bene e Male, che alla fine spesso vedeva il secondo vincente, per poi perdere nel nuovo romanzo, il tutto in un mondo dove i protagonisti vivevano delitti, tradimenti, vendette, ritorsioni, amori folli e inestinguibili passioni, odio letale e senza perdono.

Popolarissima tra le classi meno abbienti e fra il popolino, l’Invernizio usava una lingua accessibile anche a chi era semianalfabeta, ed era spesso codina, reazionaria, spensierata, razzista, inconsapevole e molto politicamente poco corretta, come dimostra il suo romanzo più noto “Il bacio di una morta”.

Mentre i suoi libri avevano un successo sempre crescente, l’Invernizio conobbe e sposò il tenente dei bersaglieri Marcello Quinterno, che viveva in via dei Mille, davanti alla tipografia Salani.

Quando il marito tornò sano e salvo dalla guerra d’Africa, nel 1896, i due sposi si trasferirono a Torino, dato che a Quinterno era stata assegnato il ruolo di direttore del Regio Panificio Militare.

Nel 1907, ormai scrittrice di successo, Carolina firmò un contratto esclusivo con la Salani, che fin dal 1894 erano non solo i suoi editori, ma anche suoi cari amici, al punto che per i suoi libri crearono la collana I Romanzi di Carolina Invernizio, che avrebbe contato ben 123 titoli.

Dall’aspetto tranquillo e perbene, l’Invernizio ebbe una sola figlia, Marcella, e fu sempre fedele al marito e molto devota alla Madonna, che era venerata presso il santuario della Consolata, e aveva come uniche eccezioni alla mondanità qualche chiacchiera con le amiche e serate a teatro, oltre ad un look con ampi cappelli piumati e abiti a strascico, tipici di quegli anni.

Nel 1911 la scrittrice partecipò all’Esposizione di Torino con il Comitato della Stampa e nel 1914 si trasferì con la famiglia a Cuneo, dove il 27 novembre 1916 morì per un attacco di polmonite.

Le sue ultima volontà, conservate in un testamento stilato nel 1903, dicevano di non seppellire il suo cadavere prima di quattro giorni dopo la morte, di non esporlo al pubblico e di comunicare la notizia dei suoi funerali a il Popolo, la Stampa, la Gazzetta di Torino e il Fieramosca di Firenze, i giornali dove aveva lavorato come giornalista.

Oggi sulla tomba della scrittrice, situata nel cimitero di Torino, al di sopra la statua in bronzo modellata dallo scultore Edoardo Robino, c’è la corona di bronzo con la scritta “Il tuo nome non morirà” voluta dall’editore Salani, mentre Milano e Cuneo hanno dedicato una strada alla memoria della donna che ideò il romanzo d’appendice all’italiana.

Pubblicato su: www.labissa.com 

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