F1: nel decennale della scomparsa, ricordiamo Clay Regazzoni

Domenica 20 marzo, in Australia scatterà la prima gara del campionato Formula 1 2016. Occasione per ricordare che il tempio della velocità è sempre Monza e omaggiare i tanti campioni del volante insubri. Dal milanese Alberto Ascari, due volte campione del mondo con la Ferrari (52-53), regalando il primo titolo iridato al cavallino, ultimo italiano a vincere il titolo mondiale, trionfatore della Mille Miglia e della 1000 km del Nürburgring; Luigi Villoresi, discendente di una famiglia nobile che ha fatto la storia e il progresso dell’Insubria; Giancarlo Baghetti, l’ultimo driver del Circus a vincere al debutto un gran premio. I brianzoli Arturo Merzario da Civenna, frazione di Bellagio, autore del salvataggio di Niki Lauda, al grintoso e indomabile Vittorio Brambilla da Monza. Agli sfortunati Riccardo Paletti e Michele Alboreto, con Teo Fabi, Ivan Capelli tutti da Milano.

Ma se parli di F1, il ricordo vola per forza di cose a uno dei più veloci dell’Insubria e dintorni, uno dei più amati di sempre. Clay Regazzoni, nato Gianclaudio Giuseppe in quel di Lugano, Svizzera, il 5 settembre 1939, indimenticabile personaggio del Circus di Formula 1, e non solo.

Pilota e tanto altro, quando le gare di velocità erano veramente uno sport affascinante, rischioso, con temerari alla guida che contavano più della macchina e spesso e volentieri, buttavano veramente il cuore oltre l’ostacolo. Era il periodo in cui non c’erano le gallerie del vento, il controllo elettronico, l’ABS. Era la Formula 1, della classe e della grinta dei piloti sulla macchina, degli sponsor del tabacco, dei grandi, avventurosi progetti avveniristici. Dove il pilota era anche l’ingegnere e sviluppava la macchina per primo, dando vita ad auto dalle sperimentazioni ardite, che videro la comparsa dei primi alettoni, la mitica Tyrell a sei ruote anteriore, dell’effetto suolo della Lotus di Colin Chapman. Le piste non avevano le vie di fuga e il livello di sicurezza di oggi. Le atmosfere ai box e non solo erano molto più genuine, sanguigne, epiche e spesso purtroppo, anche tragiche. La Formula 1 degli anni ’70 e degli inizi degli 80 è stata quella più vera che ci ha consegnato scene ed episodi che non rivedremo più in pista. Ecco, Gianclaudio Giuseppe Regazzoni, detto Clide in famiglia, inglesizzato poi in Clay, è quello che ha rappresentato al meglio tutto questo. Un leone ruggente, negli anni ruggenti della Formula 1. Grande collaudatore, pilota istintivo dalla guida veloce e aggressiva, ma che non ha mai abusato oltre i limiti della vettura. Sicuramente uno coriaceo, che non mollava mai, uno che non cedeva un millimetro all’avversario, particolarmente duro nei duelli corpo a corpo, ma mai scorretto. Fuori dalla pista usciva tutta la sua carica di umanità, la sua forte simpatia immediata che ne facevano una persona di grande fascino. Regazzoni era così come lo si vedeva, dote rarissima. Sempre pronto alla battuta, all’ironia, ad accorrere dagli amici. Cordiale, simpatico, divertente, andava al nocciolo della questione senza girarci attorno. Mettendoci la faccia e non nascondendosi dietro agli altri.

Su questa qualità Clay Regazzoni aveva fondato la carriera di pilota e quella successiva. E sono ancora sempre tantissime le persone che lo ricordano con affetto e raccontano gustosi episodi di cui sono stati protagonisti con lui.

Leggenda vuole che lo storico personaggio di Magnun PI, telefilm cult degli anni 80′, sia stato ispirato da Clay Regazzoni; effettivamente Tom Selleck, fisicamente e con quei baffi lo ricordava moltissimo.

Spirito insubre a mille, partito dalla carrozzeria di famiglia di Mendrisio, arrivato poi in cima al mondo. L’esperienza maturata nell’azienda di famiglia gli permise sin da subito di comprendere al meglio la meccanica e le macchine. Conoscenze che mise a frutto al meglio nella sua carriera, sviluppando molte vetture vincenti in diversi settori della velocità.

Approda tardi alle corse solo nel 1963, all’età di 24 anni, spinto dall’amico Moser, disputando alcune cronoscalate con Mini Cooper e un’Austin-Healey Sprite 950. Nel 1965 prende parte al corso di pilotaggio di Jim Russell, dove si fa notare, guadagnandosi l’ingaggio in Formula 3 su una Brabham-Ford.

Nel 1966 arriva il suo esordio in Formula 2 a Siracusa, sempre con una Brabham, conquistando subito la pole position.

L’anno seguente continua in Formula 3, passando alla bolognese Tecno, con cui vincerà a Jarama, il gran premio di Spagna di categoria. Nel 1968 è sempre alla guida della Tecno, salvandosi miracolosamente da un tremendo incidente occorsogli sul circuito di Monte Carlo. In una dinamica molto simile a quella che è costata la vita a Jules Bianchi, nel gran premio del Giappone 2014.

Regazzoni diventa a tutti gli effetti, un pilota di Maranello già nel 1969. E’ lui l’uomo su cui puntare per cercare la vittoria nell’europeo di Formula 2. Ma la Dino 166 F2, che l’anno precedente aveva ottenuto grandi vittorie sul finire della stagione precedente, non si rivela competitiva, così Clay a metà stagione torna alla Tecno.

Nel 1970 di fatto è un pilota della scuderia Ferrari, ma corre ancora nella Formula 2 sempre con la Tecno, laureandosi campione europeo, vincendo 4 gare su 8. Divide con Ignazio Giunti, la seconda 312B per affiancare nel mondiale Jacky Ickx, che ha gareggiato nelle prime corse dell’anno in solitaria. Giunti fa il suo esordio nel Gp del Belgio, ottenendo un quarto posto. Quindici giorni dopo, il 21 giugno 1970 tocca a Clay al Gp d’Olanda, sulla pista di Zandvoort chiudendo al quarto posto, dietro Ickx.

Torna al volante della 312B a Brands Hatch in Inghilterra. In prova lo scarto da Ickx è di otto decimi, in gara taglia il traguardo ancora al quarto posto attaccato alla McLaren di Denny Hulme. A Hockenheim, conquista la seconda fila, ma in gara si deve ritirare per la rottura del cambio. In Austria fa ancora meglio: secondo in prova, e conquista il primo podio della carriera, secondo dietro al caposquadra belga. E arriva il 6 settembre 1970: Gran Premio d’Italia a Monza si contavano circa 200.000 spettatori, con un’invasione svizzera di 40.000 persone, bardati di tutto punto con bandiere e campanacci vari.

In prova Clay si qualifica al secondo posto, dietro solo a Ickx ma davanti a Jackie Stewart, nella sessione funestata dal tragico incidente di Jochen Rindt. Quando Clay riesce a portarsi al comando imposta poi una gara intelligente, riesce a sfuggire agli attacchi di Jackie Stewart (March) e Jean-Pierre Beltoise (Matra) e vede per primo la bandiera a scacchi, proprio davanti allo scozzese. Un vero e proprio trionfo e da quel momento diventa un po’ il pilota di tutti. Con solo otto gare disputate chiuderà la stagione al terzo posto, alle spalle del compagno di squadra Jacky Ickx e dell’austriaco Jochen Rindt, vincitore del titolo.

Nello stesso anno prende parte anche alla 24 Ore di Le Mans, con vetture Sport Prototipo, al volante della Ferrari 512 S ufficiale, in coppia con Arturo Merzario; rimanendo sempre nelle prime posizioni sino a quando un incidente dovuto alla pioggia, non lo manderà fuori gara.

La stagione 1971 dovrebbe incoronarlo come pilota di successo: ma la Ferrari è fragile e Clay vince solo la Race of Champions di Brands Hatch, non valida per la serie. Però in quella stagione stringe una fortissima amicizia con Mario Andretti, formando una coppia inossidabile dentro e fuori i box. Per anni raggiungeranno le piste sempre assieme, divideranno vacanze e altro, e rimarranno legati per sempre. Altra amicizia sentita sarà quella con Jacques Lafitte. Nel 1972 ha un grave incidente a Nivelles in Belgio che lo costringe a saltare due corse. A causa del protrarsi dello stato di crisi del team di Maranello, Regazzoni ottiene magri risultati: quattro podi e una sola pole. Così nel 1973 passa all’inglese alla BRM, accanto a Beltoise e Niki Lauda. L’anno dopo torna alla Ferrari, suggerendo l’ingaggio del giovane compagno di squadra Niki Lauda. Con lui e l’Ing. Forghieri, sviluppa una delle macchine più vincenti di sempre, la Ferrari 312 T.

In quella stagione il ticinese, sfiora la vittoria nel campionato del mondo. Il titolo lo perde per un problema a un ammortizzatore, all’ultima corsa a Watkins Glen, a favore dell’amico-rivale Emerson Fittipaldi, per soli tre punti. In un triennio la coppia di piloti porta a Maranello due titoli costruttori consecutivi (75 e 76) e uno piloti. Nel 1975 rivince ancora il Gran Premio di Monza, nel giorno in cui Lauda con il terzo posto diventa per la prima volta campione del mondo.

L’incidente di Lauda al Nurburgring, porta la Ferrari a decidere di non partecipare al seguente Gran Premio Austria. Una mossa che toglie a Clay la possibilità di rubare punti preziosi a James Hunt, diretto avversario di Lauda nella corsa al titolo.

Per vari motivi, il rapporto con la Ferrari e soprattutto con il “Drake”, si deteriora e Clay si accasa alla neonata Ensign per il campionato 1977, passando poi alla Shadow nella stagione seguente. Nel 1977 tentò la qualificazione alla 500 Miglia di Indianapolis al volante di una McLaren-Offenhauser del team Theodore, ma ha un brutto incidente in prova. Essendo un pilota molto eclettico Clay ha corso all’epoca della Formula 1 sia con la Fiat X1/9 al Giro d’Italia automobilistico, sia con la Lola Formula 5000 negli Usa, con la De Tomaso Pantera Gruppo 4.

Nel 1979 Frank Williams lo assume nella sua squadra a fare coppia con Alan Jones. All’interno del team inglese però non tutto fila liscio perchè Jones ha tutto dalla sua, dai meccanici, all’arruffianamento con il potente sponsor arabo che tra gli altri nei soci vede un nome particolare, Bin Laden.

Nonostante un ambiente non proprio amichevole Clay non tradisce, sviluppa a meglio la vettura, la velocissima FW07, regalando alla squadra inglese la sua prima storica vittoria a Silverstone oltre diversi buoni piazzamenti, tra cui un secondo posto conquistato a Monte Carlo partendo dal fondo dello schieramento. Nonostante questo a fine stagione non trova conferma con il team anglo-saudita, con il suo posto che viene preso da Carlos Reutemann, già suo sostituto anni prima alla Ferrari.

Così Clay, a quarantun anni, passa o meglio torna nuovamente all’Ensign. Purtroppo a Long Beach, nel Gp Usa 1980, sulla sua monoposto al termine di un lungo rettilineo in piena velocità, cedono i freni. Regazzoni si va a schiantare contro un muretto di cemento. Per la violenta decelerazione si rompe le vertebre e resterà paralizzato alle gambe.

Un incidente che pone termine all’avventura del pilota Regazzoni in Formula 1 dove ha collezionato 139 GP disputati tra il 1970 e il 1980, salendo sul podio 28 volte. Vice-campione del mondo nel 1974 e ha vinto cinque Gran Premi: Monza (70 -75), Nurburgring (74), Long Beach (76) e Silverstone (79).

Incidente che non ferma l’uomo Clay Regazzoni e nemmeno il pilota, anzi gli fa aprire un nuovo affascinante capitolo della sua vita. Il suo spirito indomito e senza paura di niente e di nessuno, gli permettono di superare il trauma psicologico, oltre a quello fisico. Senza mai piangersi addosso, senza che essere considerato un caso umano. S’impone nuovamente e ulteriormente come persona di qualità fronte a tutti. Clay Regazzoni, in questa nuova veste ha donato speranza a chi pensava che un handicap impedisse una normale vita quotidiana. E’ rimasto nell’ambiente delle corse, diventando telecronista, ha proseguito a correre, ha insegnato e si è impegnato a fondo per le persone disabili. Dopo l’incidente di Long Beach ha gareggiato con una Porsche turbo, ha preso parte più volte alla Parigi-Dakar, ha corso in kart, sulle vetture d’epoca, è diventato uno specialista dei grandi raid. Senza mai mollare un millimetro come quando era in pista. Dei tanti racconti che riguardano Regazzoni uno riguarda proprio il raid Parigi-Dakkar, quando ebbe un grave incidente con il camion con cui partecipava. Il mezzo bruciò e il copilota una volta estratto lo stese a terra e lì si addormentò come se niente fosse, nonostante che nelle vicinanze ci fossero degli animali selvatici, non proprio amichevoli. Il mattino il copilota s’incamminò alla ricerca di aiuto, Clay immobilizzato, rimase da solo per diverse ore senza possibilità di muoversi, senza nessun problema.

Le sue attività in favore dei disabili, lo portarono non solo a essere un esempio di vita, ma portò anche innovazioni pratiche nel modo di guidare per le persone con handicap. Nel 1994, fondò l’associazione “Clay Regazzoni, Onlus-Aiutiamo la Paraplegia”, per raccogliere fondi da devolvere a Enti e istituti che operano nella ricerca sui problemi dei paraplegici legati, tuttora attiva e sostenuta dalla famiglia Regazzoni.

Clay ha raccolto tantissimi soldi, versati per la maggior parte all’Ospedale di Magenta. Nel 1995 Clay è tra i membri fondatori dell’Istituto internazionale per la ricerca sulla paraplegia (IRP) di Ginevra, per il quale s’impegna in prima persona, mettendoci la sua faccia, le sue amicizie, per il raccogliere fondi. Mettendoci sempre il cuore.

Regazzoni si ritrova anche scrittore di due libri: “E’ questione di cuore” vince anche il Premio letterario del Coni e il Premio Bancarella, poi tocca a “E la corsa continua”.

Trova la sua fine, facendo quello che più gli piaceva, guidando e non poteva essere altrimenti. Un incidente d’auto avvenuto il 15 dicembre 2006, sull’autostrada A1 all’altezza dello svincolo con la A15 Parma-La Spezia. Secondo i risultati dell’autopsia, Regazzoni era deceduto alla guida a causa di un malore già prima dell’incidente mentre guidava la sua Chrysler Voyager.

Merita una visita la sua tomba al cimitero di Porza, da cui si gode una splendida vista di Lugano. E soprattutto il “Memorial Room Clay Regazzoni” (www.clayregazzoni.com), una struttura voluta dalla famiglia e realizzata a Lugano-Pregassona: vi trovano posto alcune delle sue auto con le quali ha preso parte alle più importanti gare, i trofei da lui conquistati sulle piste e sulle strade di tutto il mondo, oltre a spettacolari fotografie e documentari. La sua memoria e la sua opera a favore dei disabili continuano ancora, si tratta di un’iniziativa senza scopo di lucro, finalizzata a sostenere la ricerca e lo sviluppo attraverso la fondazione IRP e il Club Clay Regazzoni Aiutiamo la Paraplegia. Chi volesse visitare il “Memorial” può prenotarsi al numero telefonico 0041919726833 oppure inviare una mail a info@clayregazzoni.com.

Per quelli che oggi hanno sessant’anni o giù di lì, ma non solo, Clay Regazzoni è stato un amico, un mito, un modello, qualcuno da amare.

Ha corso sulla Ferrari e questo è già un merito, ha corso come un uomo, non come un ragioniere alla Lauda, trattando ogni corsa come un’avventura.

Un sorriso disarmante, affascinante e guascone, vip prima che quest’acronimo esistesse, sopra le righe quel poco che bastava, gentiluomo sempre.

Pubblicato su: www.labissa.com 

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