Lorenzo Bandini, generoso cuore milanese

Era un mondo diverso, una Formula 1, meno ricca, meno tecnologica, certo più umana, certo più pericolosa.

I piloti erano forse più vicini alla normalità, niente tute ignifughe, scritte pubblicitarie, i pit-stop non erano previsti, cappellini indossati subito dopo il casco, per la vittoria ricevevano l’omaggio di una corona d’alloro.

E’ in questo periodo che si snoda la vicenda di Lorenzo Bandini, forse uno dei piloti italiani più amati dal pubblico, per il suo carattere gentile, disponibile, generoso e sempre pronto ad aiutare.

Bandini era nato nel 1935 a Barce, in Libia, colonia italiana, dove il padre Giovanni commerciava in macchinari agricoli.

Lorenzo visse per tre anni nel paese africano prima che la famiglia tornasse in Emilia, a San Cassiano di Brisighella per gestire un albergo. Nel 1944, l’albergo andò distrutto in un bombardamento e in seguito il padre fu ucciso da un gruppo di partigiani.

Nel 1945 mamma Elena Martignoni, rimasta vedova, tornò a Reggiolo suo paese natale. Qui Lorenzo frequenta l’officina di Elico Millenotti e si appassiona alle auto e alla meccanica. Andato occasionalmente a Milano dalla sorella verso la fine del 1951, incontra un compaesano, Goliardo Freddi, proprietario di un’avviata officina in via Plinio 74, il “Garage Rex”. Questo sarà un incontro determinante per il giovane Lorenzo. Dopo essere rientrato a Reggiolo per un breve periodo assieme alla sorella per curare la madre, decide di tentare definitivamente la fortuna a Milano e si presenta come garzone nell’officina di Freddi. Questi, visti la serietà e l’intuito del giovane compaesano, lo assume subito. Tra i due sin da subito nascerà un rapporto strettissimo, per Freddi il giovane Lorenzo è il figlio maschio che non ha avuto e gli trasmette tutta la passione per i motori e per le gare. Una relazione che si cementerà pochi anni dopo quando Lorenzo ne sposerà la figlia Margherita.

Siamo nella Milano degli inizi anni 50′, la Milano che è uscita dalla guerra, sta ricostruendosi un’identità, avviandosi a grandi passi verso il boom economico. La Milano che diventa metropolitana (la linea rossa arriverà nel 1964), delle grandi fabbriche come Campari, Breda, Falck, della Lambretta e dell’ Alfa Romeo. E’ la Milano dove nel 1952, compare la prima cabina telefonica. E’ nell’immaginario collettivo la Milano dei “cumenda”. E Lorenzo Bandini, cresce proprio curando le auto dei cumenda milanesi. Dalle grandi Cadillac e Buick americane, appariscenti e un po’ smargiasse, alle tedesche Mercedes 300 sl e Porsche 356, con le Lancia, le Ferrari, le Maserati. Non disdegnando poi ovviamente le 600, macchine simbolo del boom per eccellenza. La passione e l’amore per la velocità nasce proprio qua, provando e mettendo a punto le auto dei “cumenda”.

La vita di Bandini si svolge praticamente tutta lì in via Plinio 74, a Milano, sull’angolo che gira verso Largo Rio de Janeiro e Viale Romagna. Due passi da Piazza Carlo Erba e da Città Studi, dove oltre all’officina in cui lavora, sopra c’è anche l’abitazione dei Freddi che condivide, seguendo un vecchio motto lombardo “Cà e butega”.

Le uscite sono le puntate verso la vicinissima Monza ad ammirare i campioni del volante del tempo come Juan Manuel Fangio, il torinese Farina, i meneghini Ascari e Villoresi. Una formula 1, dove accanto alla Ferrari, alla Maserati, ci sono le milanesi Alfa Romeo e squadre che si chiamano Scuderia Ambrosiana, Scuderia Achille Varzi e Scuderia Milano, per cui corrono due bresciani.

Nel frattempo esplode l’amore con la giovane figlia di Freddi. Ed è proprio Margherita nel 1956, a iscrivere Lorenzo Bandini alla Castell’Arquato-Vernasca con la Fiat 1100 TV del padre, all’oscuro di tutto. La prima corsa regala un quindicesimo posto. La prima vittoria arriva poco tempo dopo, quando si aggiudica la gara in salita Lessolo-Alice. L’anno seguente divenne noto al grande pubblico con la vittoria alla Mille Miglia nella categoria 2000 GT a bordo di una Lancia Appia.

Il lavoro aumenta e nel medesimo anno acquista una Volpini Junior 1000 con la quale ottiene ottimi risultati. Nel 1959 è secondo alla Pontedecimo-Giovi, sesto a Sassari, primo di classe alla Catania-Etna e terzo alla Coppa d’Oro in Sicilia. Seguono le vittorie al Trofeo Crivellari e alla Coppa Madunina, che lo spingono a Modena, dove acquista una Stanguellini.

Nello stesso periodo papà Goliardo trasferisce il garage in via Cavezzali al civico numero 9, una traversa di via Padova, in zona “Molino Nuovo”, proprio a fianco del bowling; poche centinaia di metri più avanti dal Parco Trotter. Ne affida la gestione proprio a Lorenzo Bandini, chiamandolo “Autorimessa Grand Prix”, dove Margherita sarà impiegata come ragioniera. Nel frattempo si parla di nozze, ma Lorenzo convince la futura moglie a rimandarle per acquistare una Fiat 8V 2000 che prepara personalmente per partecipare alle gare.

La vita di Bandini è sempre li, in quell’angolo di quella Milano che cresce tumultuosa giorno dopo giorno. Una delle poche digressioni concesse sono i giri in macchina. Ci sono le corse in autostrada su quella Milano-Laghi, ancora senza il traffico di oggi, senza limiti di velocità. Percorsa spesso e volentieri a tavoletta, non solo per il brivido della velocità per raggiungere i laghi, ma per fuggire in Svizzera con l’amata Margherita, per rifugiarsi in qualche pensione.

Appoggiato dalla famiglia Freddi, si concentra sulla Formula 1, con la speranza di diventare un pilota della scuderia Ferrari, ma sulla sua strada nel 1961 trova l’amico Giancarlo Baghetti, anche lui milanese, ma di famiglia altolocata, che gli soffia il posto. Bandini, viene comunque tenuto d’occhio e Mimmo Dei, patron della Scuderia Centro Sud che gli propone di correre in Australia e in Nuova Zelanda oltre ad un contratto di Formula Uno con una Cooper-Maserati. L’esordio nella massima formula avviene nel 1961 a Pau quando arriva terzo assoluto.

Il 18 giugno 1961, corre ancora con la Scuderia Centro Sud il gran premio del Belgio, finì dopo solo 20 giri per un guasto alla sua Cooper 53T, dimostrando però di non essere inferiore ai grandi dell’automobilismo. Durante il campionato non andò mai a punti e concluse la gara solo in Inghilterra e in Italia. Le sue doti non passarono inosservate a Enzo Ferrari, che gli propose un contratto per la stagione 1962, Lorenzo senza pensarci due volte accettò, diventando un pupillo per la famiglia Ferrari. Disputò una stagione in alternativa con i precedenti impegni presi con Mimmo Dei. Con la Ferrari corre il G.P. di Montecarlo giungendo terzo e vince il G.P. del Mediterraneo e il G.P. di Enna, ma non valido per il mondiale, mentre in campionato furono dodicesimo con soli 4 punti.

Anche la stagione seguente in Formula 1, fu a corrente alternata con Bandini, che conquistò tre quinti posti e fu decimo nella classifica piloti. Fece suo però il titolo di Campione Italiano Assoluto dell’anno dopo la vittoria alla 24 ore di Le Mans in coppia con Ludovico Scarfiotti e a una serie di altri risultati di prestigio.

Il 5 febbraio 1964, corona il suo amore con Margherita Freddi, convolando a nozze. L’abitazione della coppia è in via Padova 95, tanto per non perdere il contatto con le radici, e l’officina di famiglia a poche decine di metri, in via Cavezzali.

In quell’anno continuò il suo percorso con la Ferrari, nel ruolo di secondo pilota, la 158 aveva una struttura tubolare tutta nuova e un nuovo propulsore e Bandini potè arrivare a un quinto posto a Silverstone e un terzo posto in Germania, mentre il 23 agosto ci fu la sua unica vittoria sul circuito di Zeltweg (Austria), precedendo di 6 secondi l’americano Richie Ginther su BRM, infine arrivò terzo a Monza, battuto solo da un imprendibile Surtees e da Bruce McLaren. A coronamento della stagione Lorenzo arrivò terzo anche in Messico, chiudendo il campionato con 23 punti e quarto nel mondiale.

Nel 1965 Bandini vinse la Targa Florio in coppia con Nino Vaccarella, in Formula 1 un secondo posto al GP di Monaco lo condusse in sesta posizione a fine stagione con 13 punti.

Anche l’anno seguente Lorenzo partì bene ma dopo un secondo posto a Monte Carlo e un terzo posto in Belgio la sfortuna si abbatte su di lui, costringendolo al ritiro più volte, nella stagione vide la linea del traguardo solo in due occasioni, quando la sua monoposto non ebbe guasti da impedirgli di proseguire la corsa. Nell’annata corre anche con la Dino Ferrari, in coppia con Eugenio Scarfiotti, nelle sport prototipi. Giunge secondo alla 1000 km. del Nurburgring, quinto alla 12 Ore di Sebring, decimo alla 1000 km. di Monza.

Nonostante sia già un pilota affermato, quando non si allenava Bandini era sempre nell’ officina di famiglia via Cavezzoli a lavorare, a testare le macchine dei clienti ed era cosa usuale vederlo rombare fuori dal garage, per imboccare via Padova. Nel garage si affollavano spesso ragazzini e non solo, ad ascoltare i racconti di Lorenzo sulle “corse” e carpire i segreti della meccanica, di cui conosceva ogni particolare.

All’inizio della stagione 1967, Bandini vinse la 24 Ore di Daytona in coppia con Chris Amon e ad aprile, l’atteso successo in “casa”, conquistando la 1000 km di Monza. Enzo Ferrari decise di dargli la prima guida in Formula 1 e dopo aver saltato il primo appuntamento in Sudafrica la scuderia si presentò a Monaco più risoluta che mai. In particolare Bandini, dopo aver conquistato due volte, la seconda piazza.

La Ferrari, con il numero 18 era in pole subito dopo l’australiano Jack Brabham. Lorenzo partì fortissimo, ma in quel momento il pilota australiano ebbe un grave cedimento al motore e, invece di ritirarsi subito, tentò di arrivare ai box, finendo per inondare d’olio l’intera pista. Quella macchia fu vista da tutti i piloti, tranne Bandini, giunto in testa, che inconsapevole del pericolo, aveva un’andatura velocissima, e dopo i tre chilometri del primo dei cento giri previsti un vantaggio di un secondo e mezzo sul primo inseguitore.

Non vedendo la macchia d’olio, Lorenzo perse il controllo della Ferrari, che fece un giro su se stessa, ma il motore tuttavia non si spense e il pilota italiano, quando la vettura si fermò senza aver urtato le protezioni e completamente integra, la riportò in assetto di gara.

Nel frattempo erano passati Denny Hulme e Jackie Stewart e il ferrarista dovette ripartire in terza posizione, dando vita a un inseguimento rabbioso, che ebbe conseguenze devastanti sui riflessi di Bandini.

Al 43° giro, il motore di Stewart cedette, e il britannico fu costretto al ritiro, Bandini era secondo, ma la lotta con Hulme sembrava persa, poi al 61° giro il distacco venne ridotto a 7,6 secondi, ma poi tornò inesorabilmente ad aumentare.

Tra il pilota in prima posizione e il ferrarista giravano infatti Pedro Rodríguez e Graham Hill, il primo fu agevolmente superato, ma tra l’inglese e Bandini non correva buon sangue, poiché nel Gran Premio del Messico di tre stagioni prima, l’italiano aveva tenuto dietro la sua vettura Hill, in lotta per il mondiale, allo scopo di favorire l’altro ferrarista John Surtees.

Per due giri, il duello andò avanti, poi finalmente la Ferrari 312 compì il sorpasso, ma il distacco da Hulme era ormai salito a 20” e a Lorenzo non restò che tentare il tutto per tutto. All’uscita del tunnel che dal Portier conduce al porto di Montecarlo, c’era una chicane, destinata a rallentare le auto ma Bandini, probabilmente stanco vi arrivò troppo veloce, così l’urto contro una bitta per l’ormeggio dei natanti fu inevitabile.

L’auto prese fuoco immediatamente, una gomma si staccò e le balle di fieno sistemate per attutire eventuali urti alimentarono le fiamme, l’incendio divampò altissimo.

A centinaia di chilometri di distanza, Enzo Ferrari, davanti al televisore, capì immediatamente che quel rogo stava distruggendo una sua vettura, e che lì c’era il suo pupillo Lorenzo Bandini.

Sul circuito, nei primi istanti, nessuno ebbe la percezione del dramma e tutti credevano che il pilota fosse stato sbalzato in mare ed era illeso, com’era successo ad Alberto Ascari proprio in quel punto nel Gran Premio del 1955.

I soccorsi erano cosi carenti, al punto che i vigili avevano tute non ignifughe, mentre gli estintori erano poco potenti e passarono tre minuti e mezzo, prima che qualcuno potesse avvicinarsi alla carcassa ancora fumante, dove si stava consumando la tragedia di Bandini. Tra i primi ad avvicinarsi e portare i soccorsi due personaggi del jet-set amici di Bandini, posizionati proprio come per presagio in quel punto. Juan Carlos di Borbone, futuro Re di Spagna e Alexander Onassis con loro anche l’amico di sempre Giancarlo Baghetti. Furono proprio loro con la loro azione a dare la scossa ai soccorsi, fermi, senza sapere cosa fare esattamente.

Lorenzo venne estratto dall’abitacolo ancora vivo, ma con ustioni estese sul 60% del corpo, e una bruttissima ferita all’altezza della milza, quindi fu portato all’ospedale Principessa Grace e subì un intervento chirurgico di sei ore, dove gli fu praticata una tracheotomia e venne asportata la milza. Oltre alle ustioni, Bandini aveva parecchie costole fratturate, e lesioni polmonari per i gas incandescenti respirati.

Il professor Charles Louis Chatelain, che lo operò disse “Abbiamo fatto il possibile per salvarlo e ora non ci rimane che sperare. Saranno decisive le prossime 48 ore”.

Lorenzo Bandini morì il 10 maggio, dopo settanta ore di terribile agonia seguita con apprensione dai giornali e telegiornali del tempo. Ai suoi funerali, svoltisi a Milano parteciparono 100.000 persone.

La vedova Margherita si chiuse in un dolore dignitoso, mantenendo il riserbo che il marito le aveva sempre raccomandato “Non so se fosse superstizioso, Lorenzo. Fatalista sì, e ha sempre pensato che sarebbe morto giovane” disse molti anni dopo.

E sempre a proposito di destino e fatalismo. Durante le riprese del film-cult Gran Prix, girato nel 1966, il regista John Frankenheimer, presente con la troupe nel week-end di gara, aveva chiesto proprio a Lorenzo quale fosse a suo parere il punto migliore per girare una scena di incidente. Bandini indicò proprio l’uscita dal Portier che portava al porto.

Bandini è sepolto nel cimitero di Lambrate, a poche centinaia di metri dalla sua abitazione di via Padova; sulla tomba è incastonato il suo casco. I suoi amati luoghi milanesi sono praticamente ancora tutti lì. Il garage in via Plinio 74, esiste ancora oggi. In via Cavezzali 9, dove c’era l’officina di Bandini, ora c’è un parking sotterraneo.

Pubblicato su: www.labissa.com

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