Istria – Dalmazia, 10 febbraio nel ricordo di Aldo Kregar

b45e0d9eff5b85d1f0e96e3f171d1175_l

Per anni l’Italia ha fatto finta di dimenticare, di aver subito una pulizia etnica. Appare inverosimile, oggi, ai nostri occhi, ma la verità sulle foibe e sull’esodo degli italiani di Istria e Dalmazia, perseguitati prima dai partigiani comunisti jugoslavi dell’Armata Popolare di liberazione, e poi ancora durante l’occupazione della nuova Jugoslavia del maresciallo Tito, è stata taciuta, omessa, rimossa sia dai libri di scuola sia dagli organi d’informazione. Non se ne doveva e non si poteva parlarne, c’era omertà, c’era paura ed è stato così fino alla fine degli anni 90′.

La maggior parte degli italiani non sapeva di aver subito una pulizia etnica, non erano a conoscenza che migliaia di loro connazionali fossero stati giustiziati e poi seppelliti in cave carsiche (foibe) o in cave di bauxite. Un orrore tenuto nascosto per insabbiare la complicità di altri italiani: i partigiani comunisti del triveneto e il PCI stesso, in primis il segretario di partito Palmiro Togliatti.

Per oltre 60 anni i profughi giuliano-dalmati hanno atteso che fossero legittimati i loro diritti, grazie ad una legge, la 92 del 30 marzo 2004 che oltre a concedere un riconoscimento ai coniugi e ai parenti degli infoibati, individua nel 10 Febbraio la data del giorno del ricordo, in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.

Le cifre sono impietose, oltre 350.000 profughi, tantissimi i morti ammazzati e infoibati, almeno 50.000 di cui pochi identificati. Un vero e proprio eccidio effettuato dal regime comunista jugoslavo ai danni di migliaia d’italiani colpevoli di vivere in quella terra, un tempo italiana.

Ora che il muro di omertà si sta piano piano sgretolando, le migliaia d’italiani infoibati o uccisi nei campi di prigionia jugoslavi, o durante la deportazione, possono essere finalmente ricordati e onorati come meritano.

Tra i tanti profughi istriano-dalmati, molti sono stati gli sportivi su tutti spicca quello di Mario Andretti, da Montona d’Istria, campione del mondo di Formula 1 con la Lotus, più volte pilota Ferrari e vincitore a Indianapolis. Ottavio Missoni, (campione mondiale universitario sui 400 metri, campione italiano e alle Olimpiadi di Londra 48) poi imprenditore e stilista di fama mondiale. Abdon Pamich (marciatore e portabandiera italiano alle Olimpiadi di Monaco 72), Nino Benvenuti, il pugile italiano più famoso di sempre, i velisti Agostino Straulino (figura a dir poco leggendaria della vela italiana), Nicolò Rode (campione Olimpico e Mondiale), il tennista Orlando Sirola... Tante le personalità del mondo della cultura e dello spettacolo passando dagli scrittori Giovanni Arpino, Quarantotti-Gambini ed Enzo Bettiza, a Rossana Rossanda (giornalista, scrittrice e co-fondatrice de Il Manifesto), Anna Maria Mori (giornalista e scrittrice), Adriano Sansa (magistrato ed ex Sindaco di Genova), lo scrittore Fulvio Tomizza, le attrici Alida Valli e Laura Antonelli, il coreografo Gianni Brezza, il tenore Mario Carlin, il cantautore Sergio Endrigo, per finire a Uto Ughi che da sempre risiede in Busto Arsizio, dove già dal primo dopo guerra aveva trovato riparo una folta colonia di esuli istriani.

Spazio particolare meritano i calciatori provenienti da quelle zone, per anni sono stati campioni celebrati del torneo italiano. Su tutti spiccano il fiumano Ezio Loik, una delle colonne del “Grande Torino” e Mario Varglien, campione del mondo nel 38 e cinque scudetti di fila con la Juventus negli anni 30. Gli attaccanti Volk, Vojak entrambi da Pola. L’elenco è lunghissimo, tra gli altri comprende Bonivento, Mihalich, Lucio Mujesan, Ostromann, Udovicich, il portiere Franco Sattolo e quel grande scopritore di talenti che risponde al nome di Sergio Vatta.

Busto Arsizio sin dagli anni 20 fu uno dei più importanti centri di raccolta di profughi istriani, che costruirono una vera propria colonia, attiva, collaborativa e subito ben inserita nel tessuto sociale e lavorativo bustocco. Arrivò poi la seconda ondata del maggio-giugno 1945. Alla fine degli anni 50 nel quartiere di Borsano, venne edificato un complesso di palazzi costruiti appositamente per ospitare i profughi che si salvarono dalle foibe e dall’esodo, ma dovettero subire un lungo calvario tra campi profughi di fortuna e accoglienze non sempre calorose. Da qui, tra i tanti passò anche la produttrice Rita Rusic, che si rivelò buona giocatrice di basket (4 anni nella Bustese, serie B).

In occasione della “Giornata del ricordo” abbiano avuto l’onore di poter porre alcune domande ad Aldo Kregar, istriano, imprenditore, figlio di Andrea, celebrato giocatore di Serie A degli anni 20 e 30, detto “centravanti di ferro”, che ha vestito le maglie di Fiorentina, Fiumana, Padova, Pro Patria, e convocazione Olimpica nel 1925.

Apprezzato allenatore nel Verbano-Cusio-Ossola, dove ha vinto diversi campionati, Per dieci anni consecutivi è stato vicepresidente dell’Associazione Allenatori di Verbania e Novara.

Attivissimo anche fuori dal rettangolo di gioco, dove si è messo in evidenza come imprenditore, venendo coinvolto in diverse attività sul territorio ossolano, diventando consigliere della Camera di Commercio, facendo parte del Consiglio direttivo della Confartigianato di Domodossola e dell’Aeroporto locale. Delegato comunale per Vogogna e nominato il 2 giugno del 2004 Cavaliere Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

Cavaliere come sono iniziate la sua storia da esule e quella della sua famiglia?

Con il plebiscito, votazioni, per essere Italiani o slavi. Mio padre scelse per noi di rimanere Italiani, perché le nostre genti lo sono da sempre.

Com’è arrivata nella sua famiglia la notizia dell’imminente esilio?

La notizia dell’esilio ci è stata comunicata dal visto delle Autorità presenti. Cosi è iniziata la storia di esuli della mia famiglia. Siamo stati molto fortunati, perché abbiamo fatto solo tre giorni di campi profughi: uno a Trieste, uno a Venezia e uno a Udine. Poi garantì per noi la sorella di mia madre, che nel 1918 aveva sposato Orsi Mosè, residente a Domodossola, Capitano dell’esercito Italiano con D’Annunzio, che ci accolse e diede asilo.

Che ricordi ha di quel periodo?

Sono ricordi molto tristi, e il rifarsi una vita per mio padre Andrea, a 48 anni con a carico, la madre Antonia, la moglie Anna e due figli Sergio ed io Aldo, non è stato facile, è stata dura ma con la caparbietà, l’onestà lavorativa, proverbiale delle nostre genti siamo riusciti a integrarci nelle realtà Ossolana, dove tuttora risiediamo, anche se ripeto, non è stato facile.

Che cosa ha voluto dire rifarsi una vita, in una terra diversa?

L’altra fortuna che abbiamo avuto, di avere un padre ex calciatore, Fiumana, Padova, Pro Patria, Fiorentina, e convocazione Olimpica nel ’25 da Vittorio Pozzo C.T. della Nazionale che ha trovato a Domodossola con la U.S.Juventus Domo, terreno fertile per allenare e insegnare il calcio ai giovani Ossolani.

C’è chi dice che gli italiani occupavano territori non loro?

Dall’Impero Romano e poi passati alla Repubblica veneziana, l’Italianità è sempre stata forte a Fiume, da non confondere con altre ideologie.

Nei primi anni del suo esilio, ha conosciuto difficoltà a integrarsi in un mondo così diverso dal suo per lingua e abitudini?

Difficoltà ne abbiamo avute almeno nei primi anni, poi conoscendoci tutto è cambiato.

Ha conservato, con la sua famiglia, usi e costumi, magari culinari, della sua terra?

Ne abbiamo conservati pochi, per necessità.

Conosce le opere di Fulvio Tomizza, suo connazionale che ha scritto la Trilogia Istriana, dedicata all’esodo?

Conosco solo di nome Fulvio Tomizza, ma non abbiamo mai approfondito le sue scritture.

E’ mai tornato in Istria, come semplice turista?

Certo, moltissime volte, Il mio viaggio di nozze, quasi tutti gli anni in vacanza, fino a che era vivo mio zio, fratello della mamma che era rimasto là, e che ci accoglieva sempre a casa sua. Poi anche dopo, ad Abbazia e a Fiume, in occasione della prima uscita del libro “El  balon Fiuman, quando sula Tore era l’Aquila” storia di tutti i campioni di calcio Fiumani dal 1928 al 1948, dove c’è anche quella di mio padre Andrea classe 1900.

Il 10 Febbraio si celebra finalmente da alcuni anni, la Giornata del ricordo, in memoria delle vittime dei massacri delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata, quali sono i suoi pensieri?

I miei pensieri sono rivolti a tutte quelle persone perite in quei periodi, di qualsiasi colore politico, vittime di soprusi di ogni genere, per rivendicazioni personali e per le malvagità umane. E non capisco perché ancora oggi la gente non abbia imparato niente delle guerre. Certo è giusto ricordare il 10 febbraio perché  quei massacri, deportazioni ed esodo, non si ripetano mai più, anche se l’umanità è sorda in questo senso.

Pensa che in futuro possa diventare una data celebrata e condivisa finalmente da tutti?

La data del 10 febbraio è già giornata celebrativa con la legge 92 del 30 marzo 2004 emanata dal Presidente della Repubblica Onorevole Ciampi, anche se non condivisa appieno da tutti.

Pubblicato su: www.labissa.com 

 

Un pensiero riguardo “Istria – Dalmazia, 10 febbraio nel ricordo di Aldo Kregar

  1. Ogni profugo potrebbe raccontare la su ODISSEA. la mia racconta di come la mia famiglia profuga da Monte San Marco ( Capodistria ) trovò rifugio a Trieste dove dei parenti ci misero a disposizione una casetta contadina senza luce senza acqua e senza gas . Nota: i miei erano contadini diciamo con grossi averi eppure abbandonarono tutto di fronte a pressione e minacce che io non riesco nemmeno ad immaginare .Mi diplomai a Trieste e. non trovando ivi lavoro. me ne andai a Sesto San Giovanni che era la Stalingrado lombarda ma offriva un posto di lavoro. Tiravo avanti alla meno peggio e non risparmiavo nulla da mandare ai miei a Trieste per cui dopo un anno migrai in Argentina ( Patagonia ) grazie alla Marelli di Sesto S. Giovanni. . La Marelli era subcontractor della ENI ( SAIPEM ) che stava costruendo ivi un gasdotto lungo 1600 Km Il mio lavoro sarebbe consistito nella installazione delle telecomunicazioni che viaggiavano con il gasdotto passo passo via via che il gasdotto veniva costruito. Un anno per la costruzione del gasdotto e poi un anno di manutenzione avanti e indietro sempre vivendo in Roulotte salvo certi weekend che passavo in piccoli abitati . Due anni duri nei quali ho risparmiato qualcosa che ho messo a disposizione dei miei fratelli a Trieste per costruirsi una casa decente. Aspetto un grazie.

    Piace a 1 persona

Lascia un commento