La primavera con il fascino dei centenari glicini lombardi in fiore

La Primavera è la stagione dell’esplosione dei colori. Una delle principali e più spettacolari macchie di colore è data dal glicine, con le sue grandiose chiome dal profumo dolce e inebriante, i suoi bellissimi fiori a grappoli, dalle tonalità che variano dal viola chiaro (che prende proprio il nome glicine), al blu, al rosa fino al particolarissimo bianco.

Rami che si arrampicano e si attorcigliano maestosi su facciate di edifici, arrivando ai piani alti di case e palazzi senza alcuna fatica, regalando un vero e proprio spettacolo cromatico da ammirare da aprile a maggio.

Il glicine è una delle piante ornamentali più belle e decorative che si adattano bene sia agli ambienti cittadini sia a quelli rurali. Pianta rustica che richiede poche cure, cresce rigogliosa in spazi soleggiati come cortili o balconi oppure in campagna, creando effetti scenografici unici, con i rami che si attorcigliano ai vari berceau, gazebo, pergolati e chioschi, con ottimi risultati sia in giardini storici che nelle moderne ambientazioni.

Profumata e spettacolare la fioritura, utilissima durante la fase vegetativa con il fogliame spesso, verde brillante, quando crea ricercati ripari d’estate.

Originaria dell’Oriente, la storia ufficiale dice che approdò in Inghilterra nel 1816 grazie al capitano Robert Welbank, che la portò attraverso il mondo su di un carico mercantile della flotta della Compagnia delle Indie Orientali. Arrivò negli Stati Uniti dopo il 1830, dove era già stata catalogato da tempo dal Dott. Kaspar Wistar, professore di anatomia all’Università della Pennsylvania a inizio 800′, che ne studiò ufficialmente per primo le caratteristiche, e dal quale prende il nome scientifico di wisteria.

In realtà le tracce portano molto più indietro, c’è chi dice che sia stato importato dalla Repubblica Veneziana, ai tempi di Marco Polo attraverso la via della seta, e chi sposta ancora più indietro l’asticella del tempo, fino al periodo dell’Impero Romano.

I tedeschi lo chiamano blauregen che significa pioggia blu, mentre i cinesi usano il termine zi teng, ovvero vite blu. Per i buddisti, il glicine è un simbolo importante: ispirandosi alla forma a spirale dell’arbusto della pianta e alla sua altezza (in alcuni casi raggiunge anche i 65 metri dal suolo), metaforicamente rappresenta per il fedele la preghiera e la protesa verso il divino. Nel linguaggio dei fiori e delle piante il glicine, in Cina e in Giappone, simboleggia l’amicizia e la disponibilità.

Il termine italiano glicine, deriva dalla parola greca glikis che significa ‘dolce’ e si rifà al profumo dolciastro dei suoi fiori.

Il glicine che detiene il record mondiale per la sua straordinaria fioritura cresce a Sierra Madre, in California: al culmine della fioritura raggiunge il milione e mezzo di fiori con un peso totale di 250 tonnellate. Questa pianta straordinaria è una delle sette meraviglie vegetali al mondo e ogni anno, dal 1918, migliaia di persone si riuniscono per festeggiarla con il “Festival del Glicine”.

Mentre in Giappone si trova la galleria di glicine più grande del mondo, il Wisteria Tunnel nei Kawachi Fuji Gardens, ubicati poco fuori la cittadina di Kitakyushu, nella prefettura di Fukuoka, nel sud del Giappone. E’ un viale di 80 metri, racchiuso completamente all’interno di una galleria di glicini multicolore, che crea un particolare e surreale effetto arcobaleno.

Di certo è che ha contraddistinto in particolare la Belle Epoque, dove compariva spesso e volentieri sui manifesti pubblicitari e nei quadri del periodo. Si è sposato alla perfezione con lo stile liberty, come elemento di rilievo e di pregio, grazie alla linea sinuosa del fusto e l’atmosfera romantica data dalla sua spettacolare fioritura.

Ma anche per garantirsi privacy grazie alla sua fitta ramificazione e alle sue foglie, trovando spazio in particolare nel centro di Milano, nei palazzi e cortili signorili, nelle ville di campagna in Brianza e soprattutto in quelle sui laghi, dove l’effetto scenico della sua fioritura aumentava in maniera esponenziale.

In alcuni luoghi ha contrassegnato a tal punto il paesaggio che vie, vicoli, ville storiche, ristoranti, alberghi e bed and breakfast portano proprio il nome del glicine.

La Lombardia ha tanti luoghi, anche storici, caratterizzati da questa pianta e se fossimo consapevoli del valore delle nostre ricchezze naturali, varrebbe la pena tutelare con maggiore attenzione e segnalare nelle guide come imperdibili attrazioni turistiche. Un po’ come avviene da altre parti in particolare in Giappone, ma anche in USA, Germania e Gran Bretagna.

Magari sfruttando al meglio la legge 10/2013, nota come “Norme per lo sviluppo degli spazi verdi urbani“, che prevede il censimento e la protezione degli alberi monumentali.

Tra quelli più antichi e storici “Il glicine di Leonardo“, come viene chiamata la pianta che cresce al numero 2 di via Verro, nel quartiere Morivione a Milano, sotto al quale si dice sostasse spesso a riposare e meditare il grande inventore.

“Il glicine di Leonardo” è uno dei più vecchi d’Italia (se non addirittura il più vecchio), piantato attorno al 1300, dovrebbe avere quindi 717 anni! E si dice che le sue radici siano ormai così lunghe da arrivare a misurare centinaia di metri. Qualcuno si spinge anche più in là, sostenendo anche arrivino a un paio di chilometri.

Luogo che la tradizione vuole sia stato dove Ludovico il Moro e il genio toscano, discussero nel 1485 della creazione di diversi progetti, tra cui quello della Conca Fallata che accoglie le acque del Naviglio Pavese, un luogo ora praticamente abbandonato con la pianta che mostra segni di sofferenza per la mancanza di cure.

Siamo nella parte sud di Milano, nella zona tra viale Toscana e via Ripamonti. Morivione è uno dei quartieri più antichi della città. Prende il nome da una storia piuttosto curiosa, quella di Vione Squilletti e della storpiatura di una frase. Vione era un bandito che imperversava per la Milano del Trecento. Il 23 aprile 1336 (o 1339 a seconda della fonte) venne catturato e giustiziato il giorno successivo. Nel luogo in cui fu eseguita la pena capitale, venne posta una pietra con la scritta: “Qui morì Vione“. Non si conoscono i passaggi esatti ma, a poco a poco, questa frase si è trasformata nel termine Morivione con il quale viene identificato ancora oggi il quartiere. Il quartiere Morivione, era noto un tempo perché i milanesi andavano a celebrare la festa di San Giorgio bevendo latte e mangiando “il pan de mein”, il pane al miglio.

Un altro glicine storico lombardo, si trova in provincia di Varese, a Castello Cabiaglio, borgo di circa 300 abitanti ai limiti del “Parco del Campo dei Fiori”.

Una pianta che ha oltre 200 anni di età, che richiama visitatori da tutto il mondo ed è considerato il glicine più grande di tutta Europa. Primato recensito e confermato dalla Regione Lombardia, dal 2012.

Castello Cabiaglio, un tempo era dominio dei nobili milanesi degli Sforza e dei Visconti, che ne facevano una delle loro zone di caccia per le grosse prede. Non a caso questo glicine storico, cresce appunto all’interno della cinquecentesca e raffinata residenza di caccia Sforza-Visconti, costruzione rinnovata e poi ampliata nel ‘700, che ha dato un ulteriore tocco di raffinatezza e armonia. Il portico superiore, una vera e propria loggia rinascimentale, è stato riaffrescato dal pittore contemporaneo e varesino, Michele Ferrari. Un luogo ricco di storia perchè qui nel 1715 nacque il pittore Giovan Battista Ronchelli, tra i massimi esponenti del barocco italiano.

Il grande albero di glicine attualmente è l’attrazione principale del bed & breakfast ricavato proprio all’interno del palazzo cinquecentesco e gestito dall’ex tassista milanese Tullio Vigorelli con la moglie Simona. La pianta ha un fusto enorme e con i suoi rami si è avvinghiata alle colonne del porticato al pian terreno e a quello superiore, ricoprendo anche l’antica meridiana.

Un terzo glicine storico si trova a Barzio in provincia di Lecco, nel cuore della Valsassina a 769 metri d’altezza, sulle prime montagne del ramo lecchese del Lario, nelle vicinanze dei Piani di Bobbio e di Artavaggio.

La pianta è un vero e proprio monumento naturale, nota non soltanto ai locali ma a tutti i turisti che frequentano la Valsassina.

Si trova in via Francesca Manzoni, strada centrale e stretta che riporta indietro nel tempo, dove al numero civico 33, si trova un palazzetto risalente al Settecento, che attualmente ospita il ristorante hotel Esposito, appartenente a una famiglia di ristoratori dal cognome evidentemente campano, ma che sono a Barzio da molte generazioni.

Alla fine dell’Ottocento il luogo di ristoro si chiamava “Osteria del Stremeni”, di cui conserva le antiche architetture, tra cui un vecchio pozzo profondo 12 metri, e nel cortile d’ingresso, il secolare glicine che con i suoi rami arriva ormai al tetto dell’edificio. Una pianta maestosa che porta le sue appendici non solo all’interno del cortile, ma i cui rami viaggiano e s’inerpicano con forza e grazia, anche sulle finestre esterne che danno proprio su via Francesca Manzoni, aumentando ulteriormente l’effetto scenico.

Del glicine di Barzio parla anche Piero Orlandi, specializzato nella fotografia di opere d’arte, di paesaggio e di artigianato, collaboratore delle più importanti case editrici, in una rara pubblicazione illustrata dal titolo “Cortili di Lombardia”. Nessuno fino ad ora è riuscito a certificare con esattezza l’età della pianta, ma per certo si sa che il papà dell’attuale proprietario, Giambattista, quando nacque nel 1883 trovò già il glicine, forte robusto e ben attorcigliato alla casa.

Un altro dei glicini storici lombardi si trova all’interno di un altro ristorante, “Al laghett”, in via Sant’Arialdo 126 a Milano, nei pressi dell’Abbazia di Chiaravalle. Il glicine è contemporaneo del locale, che ha visto la sua nascita ufficiale nel 1890, la pianta quindi dovrebbe avere 127 anni. Corre un po’ per tutto il ristorante, rampicando sull’ingresso, dando un tocco particolare e retrò. Il grande pergolato è usato come riparo scenografico per il ristorante, sotto di cui far accomodare i clienti, nella bella stagione.

Sempre a Milano, è stata chiesta la tutela ambientale, come albero monumentale per il glicine di via Ferrante Aporti, piantato nel 1960, dal titolare di un oleificio, proprio a fianco del portone del magazzino della sua azienda. Una pianta che nel corso degli anni si è attorcigliata attorno al muraglione di cinta per diverse decine di metri.

Cosa che invece non è successa a Monza, dove nel 2016, il glicine secolare che abbracciava la sede storica della scuola civica Paolo Borsa alla Villa Reale è stato tagliato completamente, tra le proteste generali, per i lavori di recupero dell’edificio. Aveva un fronte fiorito lungo decine di metri ed era alto come l’intera struttura.

Rimanendo in Brianza, ma nella parte Nord, troviamo un glicine particolare a Porchera, frazione di Olgiate Molgora, nell’ex villa del Senatore Enea Noseda. Il glicine a causa dell’abbandono della casa, negli anni ha trovato spazio e si è arrampicato su uno dei pini all’ingresso dell’abitazione. Il pino, alto oltre una ventina di metri, e il glicine vivono praticamente in simbiosi, con il primo che da aprile e maggio si fa coprire e avvolgere completamente dalla coloratissima fioritura del secondo e che cambia di tono, a secondo dell’altezza e della luce che prende. Non sembra nemmeno un gioco della natura, ma una vera e propria istallazione artistica, voluta e cercata, di sicuro impatto visivo.

Sul Lago di Como, spettacolari e curatissimi sono i glicini, che costeggiano la scalinata interna che da Villa del Balbianello a Lenno, porta alla parte bassa del complesso. Rami lunghissimi, che si attorcigliano alla roccia e lasciano i fiori pendere a picco a mimetizzare alcune parti dell’architettura e coprire le asperità dei sentieri, dando morbidezza all’insieme. Piante che risalgono alla costruzione della villa, e che hanno oltre il centinaio di anni.

A Pavia, in uno degli innumerevoli chiostri che compongono l’Università, il Cortile delle Magnolie, un glicine rampicante cammina tra le arcate, facendo pendere i suoi grappoli fioriti. Non se ne conosce esattamente l’età, ma si può ipotizzare che la sua collocazione si possa far risalire alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando l’Università di Pavia conobbe un nuovo rilancio, dovuto in gran parte alle iniziative dell’allora rettore Plinio Faccaro.

Uscendo di poco dai confini lombardi, sull’Isola Madre del Lago Maggiore, si trova la più antica collezione italiana di Wisteria. Furono i Principi Borromeo a crearla oltre trent’anni fa. Oggi il giardino botanico dell’isola conta oltre venti varietà differenti che fioriscono per lo più tra aprile e maggio ricoprendo anche la scenografica scala che degrada verso il lago. Tra le varietà presenti anche la rara Millettia Japonica, molto difficile da riprodurre e che si distingue per la sua fioritura rossa in estate.

Ad Arona, il Lungolago Marconi offre, a Primavera, il suggestivo e romantico spettacolo del pergolato del glicine in fiore.

Nei giardini di Villa Taranto a Pallanza, nella parte più alta del complesso, si trova un pergolato di una trentina di metri, con muri in pietra e traversine in legno tek sormontato da due glicini, uno nella tonalità viola chiaro, l’altro bianco.

Pubblicato su: www.labissa.com 

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