Clay Regazzoni. Un amico per sempre Intervista a Giacomo Tansini

Nel 1994 fu fondata l’Associazione Aiutiamo la Paraplegia – Fans Club Clay Regazzoni, l’unico Club autorizzato dallo stesso pilota.

Fin dall’inizio i principi e gli scopi di tale Club sono stati quelli di legare lo sport alla beneficenza e quindi organizzare incontri e manifestazioni per soddisfare tale finalità.

Da allora sono stati ideati eventi con lo scopo di raccogliere fondi da destinare, come suggerito dallo stesso Regazzoni, in particolare nei primi anni di attività del Club, al reparto di uroparaplegia dell’ospedale di Magenta, condotto dal professor Alberto Zanollo.

In seguito, dopo la sua scomparsa gli è succeduto il dottor Michele Spinelli, ora attivo a Niguarda, dov’è il direttore responsabile dell’unità spinale, un centro ricerca e sviluppo di nuove soluzioni per i paraplegici che nel corso degli anni ha dato ottimi risultati.

Successivamente, anche altre realtà, soprattutto di natura assistenziale, hanno beneficiato dei contributi dell’associazione.

Nel 1996, il sodalizio mutò nome, ma non sostanza, prendendo la denominazione di Club Clay Regazzoni: è proprio in quest’anno che l’Associazione, da semplice Club, diventa importante per l’Ospedale di Magenta.

Così, dopo due anni è partito un cammino molto più impegnativo nell’organizzare manifestazioni che nella raccolta di fondi.

Dopo la scomparsa del campione svizzero avvenuta nel 2006, la famiglia Regazzoni ha continuato comunque a sostenere le attività e i principi fondatori dell’associazione.

Il 1 gennaio 2009 è entrato in vigore un nuovo statuto, che ha portato a un totale rinnovo del consiglio direttivo, Giacomo Tansini, Fondatore e Presidente Onorario, come consigliere, Don Luigi Avanti, eletto come nuovo Presidente.

Oggi, nonostante siano passati oltre dieci anni dalla scomparsa del pilota ticinese, il Club conta circa 900 iscritti e sostenitori. A dimostrazione dell’affetto e della passione, rimasta immutata nel tempo per il baffo di Lugano e per la serietà e dedizione portata avanti nel tempo dall’associazione, nel perseguire i suoi progetti.

Ed è proprio Giacomo Tansini che ce ne parla.

Ci racconti un po’ di lei…

Sono nato sessantadue anni fa, all’età di 13/14 anni mi sono appassionato ai motori, il primo gran premio che ho visto dal vivo è stato nel 1970, era il 6  settembre e ho incontrato per la prima volta Clay Regazzoni. Lui vinse il primo gran premio con la Ferrari con il numero 4 ed io ho ancora la foto con lui. Poi un grande pittore, Walter Molino, ne fece un quadro.

Da lì è iniziata la mia passione per le quattro ruote, l’ho coltivata per tanti anni, anche se non potevo permettersi di andare a vedere i Gran Premi all’estero, era già tanto arrivare a Monza, e scavalcare per curiosare. Intanto mi sono fatto amici alcuni meccanici della Ferrari che mi accoglievano come un ragazzotto cui far fare qualcosa. Sono diventato amico di Giulio Borsari che  era allora il capo macchina di Clay Regazzoni.

E’ stato a Maranello?

Maranello è qualche anno che non ci vado e ci tornerò fra una decina di giorni. La prima volta che sono stato a Maranello era l’agosto 1973, quando Clay ritornava in Ferrari perché c’è stata una pausa tra il 1970 e il 1973. Ho cominciato andare a Maranello e mi sono intrufolato nell’ambiente. Era più facile di adesso, da lì ho imparato tante cose.

Il primo cappellino che Clay mi ha regalato lo conservo ancora ed è stato firmato il 6 settembre 1970, quando lui si era fatto un regalo speciale, si era regalato la prima vittoria a Monza per il suo compleanno.

Lei è di Paullo, Regazzoni ticinese di Lugano, vi capitava qualche volta di parlare in dialetto? Qualche aneddoto particolare?

Spesso perché il dialetto di Lugano era un dialetto che si avvicina abbastanza al lodigiano stretto. Quando lui si arrabbiava, mi diceva scherzosamente “Tansini non andiamo mica bene però” Con lui il dialetto era bello e anche simpatico con la moglie, la figlia e il figlio Gian Maria.

Proprio dialetto, quasi come il nostro.

Dov’era quando ha saputo della scomparsa di Clay?

Purtroppo quello è stato proprio un giorno davvero brutto per due motivi.

Il pomeriggio di quel giorno, alle 15 o 15.30, abbiamo avuto una discussione, perché c’era questa serata che tutti gli anni era organizzata dal Club Italia a Parma ed era una cosa con pianoforte, sinfonia ed io purtroppo non ho una cultura in questo campo musicale e ho detto a Clay che non sarei andato. Clay si trovava a Brescia, per incontrare un amico che era stato al Motorshow di Bologna.

Alla fine della discussione lui mi ha detto “va beh ti accorgerai quando io non ci sarò più, dato che sono più vecchio di te, nessuno ti riconoscerà più per quello che hai fatto”.

Poi mi ero pentito della decisione e l’ho richiamato, non ha più risposto e ha fatto scattare la segreteria. Verso le 17.30 gli ho detto “Ci troviamo a Parma e andiamo insieme a teatro e ti porto lo champagne”.

Ogni anno, infatti, per Natale ci scambiavamo i regali, io gli offrivo una bottiglia di champagne e lui contraccambiava con una cravatta o un’altra bottiglia.

Purtroppo, mentre stavo preparandomi per partire, mio figlio mi ha detto “C’è un giornalista al telefono e dice che riguarda Clay”, “Digli due minuti che poi me lo passi”, l’ho ascoltato e mi ha detto che “Clay ha avuto un incidente e sembra molto grave”.

Ho un figlio che lavora al 118 e l’ho chiamato, chiedendogli “Puoi fare una verifica” Lui mi ha risposto “Ti stavo chiamando, ma non sapevo cosa dirti.” Poi ogni due minuti ricevevo telefonate di persone che chiedevano conferma della morte di Clay.

Non ci volevo credere, purtroppo l’ho saputo in questo modo, e sono stato il primo a essere stato chiamato per questa brutta notizia, quaranta minuti dopo è stata passata in televisione, ancora prima che la famiglia lo sapesse. Ho preferito non andarlo a vedere dove l’avevano portato, per me è stata troppo dura. L’ho visto solo il giorno del funerale.

Aveva tanti amici, ma a nessuno aveva affidato un compito come quello che ha concesso a me, fondare un club/associazione a suo nome, solo io ho la licenza, neanche la famiglia può chiudere questa iniziativa, a parte che siamo in ottimi rapporti e ci aiutano in tutti i modi.

Qual è stata a suo parere la vettura di F1, più bella che ha visto gareggiare negli anni?

La vettura più bella e più performante è stata la Ferrari del 1974. Io sono molto amico di Mauro Forghieri, è un uomo che spiega tante cose e quelle del 1974 sono state le auto più belle che la Ferrari abbia fatto in quel periodo.

Poi è arrivata l’era moderna e le macchine più belle sono state quella che ha pilotato per tanti anni Michael Schumacher, un grande uomo che ho avuto il piacere di conoscere bene e che mi ha anche firmato tanti autografi.

Il primo autografo che mi ha fatto fu a Maranello, nel dicembre 1995, su di un libro, allora Michael per la dedica non sapeva neanche scrivere Giacomo in italiano.

A mio parere le auto di oggi non esaltano più la bravura di un grande pilota, la malizia, la furbizia, la tattica che il box decide sempre con il pilota ha molta importanza, forse se togliessimo un po’ di elettronica….

E oggi il miglior pilota che ho visto crescere è Fernando Alonso, anche se è stato sfortunato. E la miglior macchina performante di oggi è la Mercedes, naturalmente spero che quest’anno non vinca di nuovo il Mondiale.

Qual è il legame con la chiesa di Corte Palasio, Cadilana, vicino a Lodi?

E’ una storia molto lunga. Ho conosciuto questo prete, don Luigi, che ha dieci anni più di me, appassionato di auto, quando era già sacerdote e siamo diventati amici per una scommessa banale che ha vinto lui sulle Mini Cooper.

Poi ci siamo persi di vista per un po’. Poi quando mio figlio cominciò ad andare a scuola a Lodi, lui ha visto il cognome e gli ha chiesto se “ Tuo padre è un matto cui piacciono le auto che corrono?” e lui “Si mio papà va sempre a Maranello” allora siamo ridiventati amici, Nel 1995 è diventato subito parte del mio Club, facciamo tante cose insieme e poi essendo io un grande peccatore avere un prete amico che ti confessa è molto importante.

Quali piloti sono stati ospiti del vostro club, e chi ricorda con più piacere?

I nostri ospiti sono stati parecchi, però quelli c che mi ricordo di più sono Alex Zanardi, e poi la Professoressa premio Nobel Rita Levi Montalcini, che nel 2005 si è scomodata da Roma per venire a Paullo, Giancarlo Fisichella, Alonso, Marc Gene, tanti, tanti nomi, Alessandro Nannini, Ivan Capelli, Bruno Giacomelli e tantissimi altri.

Dopo il suo incidente Alex Zanardi si è autoinvitato alla nostra cena per parlare del nostro lavoro.

Quali sono le iniziative future del club?

I prossimi impegni del Club sono diversi, a breve avremo il 1 ottobre a Dresano, in provincia di Lodi una giornata benefica, il nostro obiettivo sarebbe quello di vedere un giorno i paraplegici camminare.

Ci sono pochi investimenti che vengono fatti su questa branca della medicina, Il dottor Spinelli, che ha presto il posto del dottor Zanollo a Niguarda, me lo dice sempre “Giacomo siamo distanti perché abbiamo pochi investimenti perché noi si possa farcela”. Noi doniamo circa 20/40000 euro ogni anno, ma sono pochi e servirebbe qualche milione di Euro per andare veloci nella direzione giusta per scoprire la soluzione.

Ma noi ce la mettiamo tutta, questo è il nostro obiettivo, vedere un giorno un paraplegico camminare, spero al più presto. Sto creando un bel gruppo di persone alle mie spalle che vadano sempre avanti.

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