Giorno del ricordo: Fulvio Tomizza, lontano dall’Istria

Nato il 26 gennaio 1935 a Giurizzani, un villaggio sotto la parrocchia di Materada, nell’Istria interna, contadina e mistilingue, vicino alla località costiera di Umago, Fulvio Tomizza visse la sua vita lacerato tra il mondo dell’Italia del secondo dopoguerra e il ricordo della sua terra natale, persa per sempre dopo il drammatico esodo del 1947.

La stessa Istria è il cuore della Trilogia istriana, soprattutto in Materada, dove, in un’atmosfera tesa e cupa viene raccontata la fuga della popolazione italiana dall’Istria.

La storia del paese di Materada è legata a doppio filo a quella della famiglia di Tomizza, fu infatti proprio Zorzi Tomizza, nel 1630, a fondare il piccolo paese nelle terre della Repubblica di Venezia, dove affluirono le popolazioni confinanti, sloveni, croati, veneti e austriaci, per ripopolare le zone colpite dalla peste.

Fulvio Tomizza era il primogenito di una famiglia di piccoli proprietari terrieri e commercianti, la madre, Margherita Franck Trento, era di origine slava e contadina, mentre il padre, Ferdinando, era l’uomo più ricco e generoso del paese.

Gli anni dell’infanzia dello scrittore trascorsero tranquilli fino all’occupazione nazifascista della Jugoslavia, che provocò fratture e tragedie, poi intensificate con la caduta del regime e l’avvento al potere di Tito.

Infatti, il fascismo aveva provocato una netta spaccatura fra le diverse componenti etniche, con conseguenze significative nella maturazione personale del giovane Tomizza.

Nel 1944, a nove anni, lo scrittore dovette lasciare Materada per proseguire gli studi nel seminario di Capodistria e poi al collegio dei Salesiani a Gorizia, mentre era combattuto tra l’amore-odio per il padre, l’entusiasmo per le nuove ideologie e la coscienza della propria diversità.

Dopo aver terminato gli studi a Capodistria, Tomizza s’iscrisse alla facoltà di lingue e letterature romanze dell’Università di Belgrado, frequentando anche l’Accademia d’Arte drammatica, oltre a partecipare come aiuto-regista al film Attimi decisivi a Lubiana.

A causa del trattato di pace del 10 febbraio 1947, che confermò l’annessione di Pola e delle coste meridionali dell’Istria alla Jugoslavia, 270 000 italiani dovettero lasciare per sempre l’Istria e disperdersi in Italia e nel resto del mondo.

Parte del territorio istriano fu diviso in due aree: la Zona A, con 300 000 abitanti di cui 240 000 italiani, controllata dalle forze Alleate, e la Zona B, inclusa Materada, 73 000 abitanti di diverse etnie, sotto il governo di Tito.

Nella città di Tomizza crebbero le tensioni tra italiani e popolazioni slave, e Ferdinando Tomizza fu uno degli italiani perseguitati, al punto che, dopo la confisca di tutti i beni, indebolito fisicamente e mentalmente, lasciò la sua terra e, con la famiglia, arrivò a Trieste, dove aprì un bar che gestì con il figlio.

Nel 1953, Trieste, contesa tra Italia e Jugoslavia, fu teatro di manifestazioni e scontri che finirono nel sangue, nel frattempo Ferdinando Tomizza, gravemente malato, tornò in Istria per morire nel suo villaggio.

Con il Memorandum di Londra del 1954, avvenne la spartizione ufficiale delle zone A e B e molti istriani decisero di abbandonare il territorio, tra questi anche la famiglia Tomizza, che si stabilì definitamente a Trieste, ritornata finalmente italiana, incluso Fulvio che fino all’ultimo aveva sperato di poter rimanere nella sua terra.

Immediatamente Tomizza iniziò a lavorare al suo primo romanzo, Materada, pubblicato nel 1960, ambientato in un paese istriano nel delicato momento in cui, insediato il regime titino, per gli italiani arriva la notizia di lasciare la terra d’origine, romanzo che ottiene un’inaspettata attenzione da parte del pubblico e della critica.

Nel 1963 uscì, presso Mondadori, La ragazza di Petrovia, che racconta il periodo in cui gli esuli istriani sono nel campo di raccolta profughi e due anni dopo La quinta stagione, ambientato in Istria, romanzo che arriverà tra i finalisti del premio Selezione Campiello.

Con Il bosco di acacie, uscito nel 1966, lo scrittore narra dell’uscita dei profughi dal campo per stabilirsi nei pressi di Gorizia e l’anno dopo Mondadori raccolse i tre atti dell’esodo istriano in un unico volume intitolato Trilogia istriana.

Dopo essersi stabilito a Trieste, Tomizza si sposò con Laura Levi e lavorò come giornalista per la RAI, mentre la sua poetica ebbe un’evoluzione importante in direzione psicologica, con il tema del rapporto con il padre, con L’albero dei sogni del 1969, considerato dalla critica una delle maggiori opere del secondo Novecento, e con la quale vinse il premio Viareggio.

Nel 1971 Mondadori pubblica La torre capovolta, una raccolta di racconti che sviluppa il tema onirico dell’Albero dei sogni e un anno dopo esce La città di Miriam sulla solitudine e sul vuoto esistenziale.

Dopo il Trattato di Osimo, Tomizza tornò a riflettere sulla storia dell’Istria, e nel 1977 pubblicò una delle sue opere più note, La miglior vita, che gli valse il premio Strega nel 1977 e il Premio del Governo Austriaco per la Letteratura Europea nel 1979.

Negli anni Ottanta lo scrittore iniziò una nuova stagione della sua ricerca letteraria, incentrata prevalentemente sull’indagine storica, con opere come La finzione di Maria (1981), Il male viene dal nord (1984), Ieri un secolo fa (1985), Gli sposi di via Rossetti (1986, Premio Campiello, Premio Internazionale Vilenica e Premio Ascona degli scrittori della Svizzera italiana), Quando Dio uscì di chiesa (1987), Poi venne Cernobyl e L’ereditiera veneziana (1989), Fughe incrociate (1990), Destino di frontiera (1992), I rapporti colpevoli (1993).

Gli anni successivi videro Tomizza molto più appartato, salvo alcuni viaggi per conferenze, mentre nel 1994 uscì L’abate Roys e il fatto innominabile, nel 1995 Alle spalle di Trieste e nel 1996, Dal luogo del sequestro.

Fulvio Tomizza morì a Trieste il 21 maggio 1999 ed è sepolto nel cimitero di Giurizzani, nella sua Istria, dove aveva vissuto negli ultimi anni.

Pubblicato su: www.labissa.com 

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